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Clik here to view.Il Comune di Portofino chiede da mesi di ridurre il limite di avvicinamento per le navi da crociera alle coste del paese portandolo a 0,3 miglia; per gli operatori, compagnie e agenzie maritime locali, un’ulteriore deroga al limite posto dal decreto Passera-Clini, il cosiddetto “salva coste”, favorirebbe il turismo nell’area ma l’applicazione del decreto divide Comando generale e Capitaneria di Genova.
Si tratta di un’impasse burocratico che non permette ancora alle navi da crociera di avvicinarsi più di quanto facciano oggi, all’area marina protetta di Portofino: la Capitaneria di porto di Genova, da cui dipende l’ufficio distaccato di Santa Margherita e il Comando generale delle Capitanerie di Roma, entrambi favorevoli a questa misura, non riescono a mettersi d’accordo su chi debba dare il via libera decisivo.
Vincenzo Melone, il comandante del porto di Genova, chiede che sia cambiata la circolare del 2012 gli lega le mani, nonostante la lettera dell’ammiraglio Felicio Angrisano, che dice di procedure.
Il decreto “salva coste” stabilisce che le navi di dimensioni superiori a 500 tonnellate di stazza non possano avvicinarsi a meno di due miglia dai confini dei parchi e delle aree marine protette. Per quanto riguarda Portofino, dal 2012 la Capitaneria permette alle navi di arrivare fino a 0,7 miglia, purché rispettino una serie di cautele, fra cui seguire un preciso corridoio d’ingresso e fermarsi in un’area stabilita. Nel 2013 l’Arpal ha rilevato che, nonostante la deroga, l’avvicinamento delle navi non ha provocato danni alle acque marine.
«Per accogliere la richiesta del sindaco di Portofino – spiegano dalla Capitaneria di Genova – bisogna rimodulare il limite previsto dalla circolare. Questo lo può fare soltanto il comando generale. Per questo siamo in attesa che il comando si pronunci».
Ma l’ammiraglio Felicio Angrisano replica: «Non è vero che ci sia una circolare che fissa questo limite. Il limite di 0,7 miglia fu una mia indicazione quando ero comandante del porto di Genova (dal 2010 al 2013, ndr). Ma fu un’affermazione politica, non tecnica».
Così, nel rimpallarsi le responsabilità, rimane inutilizzata quella che gli operatori considerano un’opportunità di sviluppo economico.